Oggi pomeriggio è morto a Vieste Rossano Cochis. Rossano è stato un grande bandito senza tempo. Incarcerato ingiustamente (in seguito sarebbe stato prosciolto dall’accusa per cui era finito in prigione) era evaso dal carcere di La Spezia, unendosi e diventando uno dei principali protagonisti della banda Vallanzasca. Dopo Pinella, se ne va un pezzo di storia della Milano degli anni Settanta: Rossano era benvoluto e amato dagli amici, temuto e stimato dai nemici come un uomo coraggioso e leale. Autentico, anche nella sua ingenuità. L’ho conosciuto in carcere, a Rebibbia: per uno strano scherzo dei pentiti, era capitato nel processo 7 Aprile. Abbiamo condiviso due anni di cella, anche con Draga, riuscendo persino in certi momenti a divertirci nonostante il regime duro dell’articolo 90 nella sezione di massima sicurezza. Dopo un mese di sciopero della fame contro quelle condizioni di detenzione (uno dei pochi risultati ottenuti dalle lotte in carcere), si era passati a un regime meno restrittivo. Dovevo essere ricoverato all’ospedale San Camillo per lo stato di denutrizione, ma il medico del carcere nicchiava: Rossano lo aveva inseguito per tutta la sezione, finché le guardie erano riuscite a metterlo in salvo. Sarà un caso, ma la stessa sera ero al San Camillo. La nostra era diventata una vera amicizia, fatta ancora di alcuni passaggi in cella comuni e del reincontro fuori. Rossano è venuto a lavorare al Gabbiano, prima in semilibertà e poi in liberazione condizionale, rimanendo quasi quindici anni, fino alla pensione. L’ho visto e abbracciato, l’ultima volta, due settimane fa al funerale di mio fratello Paolo, perché Rossano era molto legato a tutta la mia famiglia e voleva bene a mio fratello. Ciao, vecchio Ros, cuore generoso e animo gentile dalla risata sonora e dal sorriso triste.
Cecco
Persone del suo carisma non si DIMENTICANO MAI. Domenico Iovine