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"Per la prima volta mi sono sentito fiero di me stesso”.

“Mi chiama Massimo: “Paolino, dobbiamo fare qualcosa, chiama e organizza. Partiamo”.
Negli stessi giorni vengo a sapere della volontà dei compagni della GKN di Firenze di andare in Romagna. Chiamo Snupo, instancabile divulgatore delle vicende della GKN, il quale mi risponde da Conselice “sono già giù” mi informa che la situazione è critica ma si stanno organizzando per coprire dei turni di volontari per le prossime settimane. Dal motto: CONVERGERE PER INSORGERE, passiamo al CONVERGERE PER CAVARE FANGO.
In molti dalle nostre comunità vogliono, soprattutto da quella dei minori. In un giorno riusciamo a recuperare e a riempire il nostro furgone di attrezzature donate per spalare: tira-acqua, pale, carriole ma soprattutto stivali e guanti e tanti viveri in particolare acqua.
La nostra prima Brigata è di 10 persone, 4 minori, 3 ospiti, un ex ospite e un volontario della comunità minori e un operatore. Partiamo per Ravenna, destinazione Centro Sociale Spartaco, e dove sennò?
Il nostro gruppo Spartaco è il fulcro dell’associazione e il centro sociale Spartaco diventa in modo quasi naturale la nostra base, dove mangiare, dormire.
 
Dopo una breve formazione si parte verso la nostra prima missione: Conselice, Via Fabbri.
La situazione che troviamo è desolante, solo da questa mattina si sono potute riaprire alcune abitazioni, ma non tutte. L’acqua pian piano evapora e ci immergiamo con i nostri stivali nel fango. Non potevamo immaginare la diversità di colori che il fango può avere; si va dal verde passando per il marrone fino al nero puzzolente.
Solo dopo qualche minuto, quando i nostri occhi si abituano all’oscurità di queste case senza luce, i nostri stivali incontrano nuovi colori. Peluche e giocattoli emergono dal fango, fumetti, quaderni di scuola, libri, fotografie, trofei sportivi di molti bambini che non vediamo.
A Conselice non ci sono bambini, ci dicono che sono al sicuro da parenti ed amici. Gli altri sono rifugiati nei palazzetti gestiti dalla Protezione Civile, ma non tutti. Si vedono persone anziane che vagano nelle vie sommerse dal fango e dai rifiuti in cerca d’aiuto per cavare il fango dalle loro abitazioni.
La nostra prima missione è a casa di Loretta, una donna minuta ma con tanta voglia di ricominciare a vivere. Con lei c’era Andrea, suo nipote, che dall’isola d’Elba, dove vive e lavora, è tornato al paese per dare una mano.
La situazione è surreale, il segno dell’acqua sui muri è a un metro e cinquanta centimetri circa. Tutto ciò che era sotto sembra perduto. Come ci hanno insegnato, prima di buttare in strada quello che troviamo nelle abitazioni è meglio chiedere. Loretta voleva buttare tutto, con le lacrime agli occhi voleva dimenticare tutto. Ma come fai a dimenticare? I suoi occhi erano gonfi di lacrime tanto quanto i mobili di casa sua.
Cominciamo a smontare i mobili per portarli in strada. A fatica riusciamo ad aprire i primi cassetti, ed è li che comincia a scoprirsi l’umanità e l’empatia dei nostri ospiti. Troviamo catenine, fotografie, vecchi libri; Said, ospite della comunità minori, si rivolge con il suo italiano imparato da soli quattro mesi, verso Loretta: “Mamma Loretta, non possiamo buttare i libri, dobbiamo salvarli“.
E’ così che ci si divide, chi cava fango, chi con molta attenzione smonta i mobili sfasciati dall’alluvione ma pieni di ricordi ed emozioni e chi con cura cerca di recuperare e pulire dal fango il recuperabile.
 
Tutte le sere al centro ci si trova per fare il report della giornata. Piu’ delle conte degli interventi fatti ci si racconta le nostre emozioni: Aziz 15 anni, che ancora fa fatica a riconoscere le sue, si è lanciato nel racconto della sua esperienza; “Oggi, forse per la prima volta, mi sento fiero di me stesso”.
La mattina dopo si riparte, abbiamo come brigata Gabbiano tre missioni, tre abitazioni. Via Puntiroli è la via centrale di Conselice, una delle più colpite, li abita e resiste Franca con la sua famiglia alluvionata. La sua casa è stata una delle prime soccorse dalla brigata con l’aiuto della barca di Lello. La casa, dopo averla ripulita da acqua e fango, è stata messa a disposizione da Franca come base dell’attrezzatura o per mangiare un piatto caldo. Nel retro della sua casa ha attrezzato con tavoli e sedie recuperate nelle cataste in strada una vera e propria mensa all’aperto per 20/30 volontari a turno.
In mezzo al cortile, quasi di impaccio, c’è una cassetta piena di vecchi mattoni rotti ed anneriti, faccio per prenderli e portarli fuori sulle cataste ma Francesco, un bambino di otto anni mi blocca e mi dice che la Franca non vuole che si butti quella cassetta. E’ li che Franca, mentre impiatta decine di piatti di pasta, inizia a raccontare la storia della sua famiglia.
Franca è figlia e nipote di partigiani, con passione e commozione ci mostra uno dei pochi libri recuperati dal fango che raccontano la storia della sua famiglia e di altri cittadini di Conselice che sono stati alluvionati da un altro fango, quello fascista. Racconta di suo nonno Dario, ricercato dai fascisti perché antifascista militante e di suo padre, che fino ai cinque anni, si è chiamato Fausto ma dopo che i fascisti ebbero emanato un mandato di cattura per tutta la famiglia Negrini da quel giorno Fausto venne chiamato Emilio, nome di battaglia “Milio” fino alla fine dell’alluvione fascista.
Tanti sono i racconti che Milio ha fatto a Franca fin da bambina, di quel periodo. Lei ci tiene a condividerne con noi uno in particolare: “C’è una frase che risuona da sempre nella mia testa, come un ritornello. Bisogna fare qualcosa. È un peccato mortale stare con le mani in mano e non fare niente. Frase che allora si dicevano suo nonno con altri aspiranti partigiani per contrastare i fascisti. Quella cassetta piena di mattoni rotti e anneriti è l’unica cosa che le resta della casa di suo papà. I fascisti bruciavano le case degli antifascisti. Non si può buttare quella cassetta.
 
Bisognava fare qualcosa allora come bisogna fare qualcosa adesso.
C’è una parola, non solo romagnola, che ci accompagna in questi giorni: brigare. 
Brigare significa darsi da fare, non possiamo restare con le mani in mano.
Potremmo raccontare ancora tante altre situazioni o emozioni provate ma ci saranno altre occasioni di condivisione perché la brigata Gabbiano non si ferma e ritorneremo presto in Romagna a brigare insieme ai briganti delle Brigate Solidali Attive.”