ABITARE DIFFUSO: NON SOLO CASA
Coltivare/abitare/aggregare i territori
La politica dell’abitare è un tema di fondamentale importanza all’interno della nostra Associazione, la casa è uno dei pilastri imprescindibili, insieme a benessere e reddito, per garantire i diritti fondamentali di ciascuno/a. Il nostro obiettivo è dunque quello di parlare non di ospiti/utenti, ma di cittadini: il nostro ruolo come operatori è quello di lavorare con le persone accolte e con il territorio e le istituzioni affinché tutti/e abbiano pieno diritto di cittadinanza. È necessario investire in quest’ottica di lavoro capillare e di rete dove non deve essere il Gabbiano a dare le risposte ai problemi, ma è necessario, con il nostro stile e le nostre modalità, sostenere le azioni del territorio che si abita.
Le mura oltre i muri
L’idea di un abitare diverso dalla tradizionale accoglienza in comunità nasce per dare risposta a difficoltà e problemi diversi e molteplici: perdita del lavoro e della casa, separazioni familiari complesse, donne vittime di violenza, difficoltà di gestione della propria indipendenza a seguito di una lunga istituzionalizzazione (comunità/psichiatria/carcere) o per difficoltà/fragilità/traumi emersi che compromettono la possibilità di vivere in completa autonomia. A questi aspetti spesso si somma la difficoltà della società nel sostenere le persone con maggiori fragilità non incasellabili in una presa in carico ad un servizio specialistico e che, quindi, sfuggono alla possibilità di cura territoriale. Una ulteriore carenza strutturale della società per chi ha un reddito basso, ma sarebbe in grado di gestirsi in autonomia, è la mancanza di abitazioni a prezzi sostenibili o di accesso a case di edilizia popolare.
Sii te stesso/Oltre i ruoli: protagonismo condiviso
Nella nostra modalità di accoglienza all’interno delle case è preponderante la necessità di rivendicare la dimensione socializzante e non un percorso terapeutico individuale, il porsi come operatori leggeri, quasi dei facilitatori, che sanno garantire al massimo l’autogestione tra gli ospiti, sostando nei conflitti e nel confronto. Tutto questo comporta saper destrutturare i concetti che arrivano da un lungo assistenzialismo: l’operatore deve essere in grado di fare un passo indietro, ascoltare le istanze degli ospiti, accompagnare le persone nel raggiungimento dei propri obiettivi di vita in sinergia con le realtà e le istituzioni del territorio. Le persone non devono acquisire autonomia, bensì riscoprirla con il sostegno di un operatore che si pone quindi come facilitatore verso l’esterno.
Un modello condiviso dell’abitare
È fondamentale mantenere il legame tra le diverse realtà dell’Associazione, attraverso una comunicazione continua, mantenendo ciascuna accoglienza con le proprie specificità, ma con l’intento comune di dare risposte ai desideri e ai bisogni delle persone. Le nostre peculiarità e specificità devono diventare risorsa collettiva fruibile da tutto il territorio, mantenendo un dialogo costante alla ricerca di soluzioni comuni. Le nostre case sono in territori molto diversi: dal paesino di montagna al quartiere metropolitano, ma tutte hanno la caratteristica di lasciare la massima autonomia possibile alle persone. La casa, e il territorio in cui si trova, dal nostro punto di vista, deve essere di chi la abita con le proprie caratteristiche e le proprie fragilità che vengono supportate e riconosciute. Ricuciamo strappi sociali, permettendo alle persone di vivere bene il proprio presente così da ripartire da sé in un’ottica di ricostruzione del futuro. Un tema che incrociamo in modo trasversale dentro tutte le nostre esperienze abitative è quello della cronicità: l’housing dovrebbe essere una soluzione temporanea, in realtà, in moltissimi casi, diventa una soluzione definitiva o comunque con grandi difficoltà di fuoriuscita nonostante si lavori sempre alla ricerca di una soluzione personale e adeguata a ciascuna/o. La partecipazione a reti di servizi che offrono risposte differenziate all’abitare rende a volte possibile trovare una soluzione sostenibile a questo tipo di difficoltà.
Un tema che ci ha interrogato a lungo è la sostenibilità economica dei diversi progetti dell’abitare, la nostra idea è quella di costruire il modello Sherwood: un’offerta abitativa nella quale gli ospiti compartecipino chi a livello economico in relazione alle proprie disponibilità chi in termini di idee e azioni mettendo in gioco le proprie risorse per l’Associazione. Questo non solo per rispondere al tema della sostenibilità economica, ma soprattutto per agire il mutualismo tra le persone e nei territori.