
COSA SONO I FREE PARTY / RAVE / TAZ?
Un mistero e un enigma. Dall’esterno è possibile solo andare per ipotesi (e spesso pregiudizi) e dall’interno, risulta comunque difficile coglierne la vera natura. Siccome i partecipanti tengono alla riservatezza delle proprie ragioni e siccome è evidente come i “ravers” siano partecipi di un gruppo ben definito e con una determinata identità, si procede a formulare ipotesi da parte di chi, come noi, vi partecipa ma non è un raver. Quello che abbiamo capito è che i free party, come suggerisce il nome, sono feste gratuite, auto organizzate, caratterizzate da assenza di luoghi e tempi definiti. Sono feste illegali in quanto non aderiscono a un sistema di protocolli e procedure, ma si connotano piuttosto come ragazzi che si organizzano con altri ragazzi per incontrarsi, ascoltare musica e divertirsi. Non vengono affittati stabili o terreni per lo svolgimento delle feste, non vengono pagati diritti alla SIAE (anche perché la musica suonata non appartiene al filone mainstream e spesso è “meshata” (1) e “prodotta” dalle crew e dai dj che la propongono all’evento) e non vi sono venditori con licenza per alcolici o per generi alimentari anche perché i ragazzi che partecipano provvedono spesso alla condivisione di prodotti… alle feste che si rispettino ognuno porta qualcosa!
L’assenza di luoghi stabili e programmazione di date dei rave party e delle taz (2) sono caratteristiche fondamentali: nati come strumento di ribellione al sistema, secondo gli organizzatori, una loro stabilizzazione nel tempo e nello spazio li renderebbe essi stessi un sistema; per questo motivo tali eventi durano da uno a tre giorni circa, in date e in luoghi sempre diversi e in continuo divenire. La scelta di occupare vecchi stabilimenti, fabbriche, siti in disuso è l’eredità delle proteste nate dalla de-industrializzazione, dall’abbandono dei cosiddetti “mostri di cemento” che deturpano i territori. Nati nel Regno Unito intorno agli anni ‘80 erano la risposta delle giovani generazioni ad una situazione di povertà, disoccupazione e pesantezza sociale: vivere un ambiente oppresso con leggerezza e con le poche risorse a disposizione. Nascono inoltre come “non luoghi”(3) dove chi non appartiene alla corrente principale vede rispettato il diritto di essere e di esprimere ciò che è in piena libertà e accettazione. Tale rimane l’ambiente che si respira oggi.
PERCHE’ PERMANGONO?
La ribellione è una fase fisiologica del periodo formativo dei giovani. La nostra società richiede un adeguamento, finemente pilotato attraverso pratiche e proposte, a un’identità media. Da sempre i molti trovano una propria collocazione all’interno della società e nelle sue propagazioni socioculturali, mentre, i pochi, devono ritagliarsi altri spazi e altri tempi, in controtendenza, con le limitatissime risorse e le moltissime scomodità politico-sociali del caso. Basti pensare a come siano numerosi gli oratori e scarsi i centri sociali, alla distinzione di avventori e di stili di vita che subito vengono in mente, alle diverse tipologie di finanziamenti e gestioni. L’età media dei partecipanti ai rave party va dai 18 ai 25 anni circa. Anche se tanti lavorano, altrettanti sono magari ancora troppo giovani e, di conseguenza, senza risorse economiche. I ragazzi dovrebbero accontentarsi di frequentare i locali commerciali (anche se non aderenti ai gusti personali) oppure occupare le case dei genitori in loro assenza per invitare gli amici o ancora ritrovarsi in luoghi pubblici con il rischio di essere allontanati o segnalati in breve tempo. Gli assembramenti, soprattutto al giorno d’oggi, possono essere causa di allarmismo immediato, in qualsiasi loro forma, anche solo il ritrovarsi in piazza e strada tra amici. Ecco allora come questi eventi non prevedano l’acquisto di un biglietto o un dress code specifico e si propongono come feste informali in cui tutti si ritrovano per un obiettivo comune (musica, ballo ed eventualmente sballo), con un ambiente di piena accettazione e assenza di giudizio. Dove trovano collocazione le differenze in una società dove le differenze sono sempre più problematizzate e patologizzate? Quali diventano i limiti del diritto ad essere e di espressione dell’essere? Per essere socialmente accettata, la diversità deve essere normalizzata e per essere normalizzata deve essere ricondotta all’immagine della società. Quale libertà dunque per i giovani di essere o di divenire anche tra errori ed esperienza?
COSA ACCADE NEI RAVE?
Arriviamo poi a quello che sembra essere diventato il fondamento per eccellenza di questi party: le droghe. La vulgata comune racconta che “i rave party sono illegali ed esistono per permettere ai giovani di drogarsi senza problemi”. Le droghe, in realtà, non hanno limite di età, sesso, religione ed estrazione sociale; esse sono presenti nelle case private, nei locali del centro e della periferia, negli uffici. Ma il loro consumo, se inserito in un setting regolare e istituzionalizzato, viene più tollerato (o nascosto?) che in un raduno sregolato di giovani. Ebbene sì, anche ai rave party può accadere che si consumino sostanze stupefacenti, ma, nonostante da più parti si continui ad affermare il contrario, non ne sono l’aspetto fondante. Per lo più si consumano sostanze psicotrope (psichedelici, allucinogeni, dissociativi: ketamina, mdma, lsd…), spesso in abbinamento ad alcool e cocaina. La tipologia di sostanze che circolano in questi eventi è forse essa stessa specchio di altre scelte identitarie della cultura dei rave party: i fantomatici “trip o viaggi”, che seguono l’assunzione di tali sostanze, spesso portano la persona dentro di sé per poi riportare il sé al mondo. Altre volte, però, sono sostanze che svolgono il ruolo opposto, ossia portano il sé via da esso. E così abbiamo ragazzi che vogliono conoscere, incontrare sé stessi e la loro collocazione nel mondo e ragazzi che soffrono perché non la trovano e scelgono la fuga da esso; e volendo vedere, i due scopi non sono in antitesi, ma forse strettamente correlati tra loro. Il consumo (o poli-consumo) non è strettamente necessario, sebbene per qualcuno l’abbinamento della techno music con il consumo di psichedelici fornisca un’esperienza sensoriale più completa. È riscontrato anche il consumo di cocaina, alcool e cannabis anche se queste sostanze sembrano talvolta un contrappeso all’esperienza degli psichedelici e a effetti troppo eccitanti o troppo sedativi, riportando alla luce lo spettro del mix di sostanze, eterna ombra presente nei luoghi di divertimento dei giovani.
COS’E’ LA RIDUZIONE DEL DANNO?
Negli ultimi anni, all’interno delle locandine che sponsorizzano i free party, subito dopo i nomi delle crew e delle attrattive dell’evento (mercatini artigianali e food point), compare sempre più spesso la dicitura “chill out e riduzione del danno”. Cos’è e chi promuove questo tipo di intervento? La chill out è una “zona di recupero”, individuata in un luogo al sicuro dal frastuono della musica, organizzata con tappeti, coperte, cuscini e ripari per chiunque abbia necessità di riposo o “ripiglio” da sostanze o ai rischi correlati, come ad esempio ipotermia. Rispetto alla promozione è interessante notare come nasca da progetti regionali che affidano ad associazioni e cooperative lo svolgimento di questo tipo di intervento, appunto detti di riduzione del danno (4) che sono stati via via accolti e riconosciuti all’interno dei free party, tanto che oggi è un “servizio” appunto previsto e richiesto dagli organizzatori. Tuttavia, la pratica della riduzione del danno non è in mano ai soli professionisti sopra citati, ma anche ai ravers stessi: gruppi di ragazzi partecipano a vere e proprie formazioni, con enti indipendenti che lavorano nell’ambito della riduzione del danno, al fine di promuovere e praticare la riduzione del danno durante gli eventi, spesso a fianco degli operatori stessi, diventando preziosi alleati con esperienza diretta del contesto e dei rischi. Gli operatori impegnati negli interventi di riduzione del danno non sono incitatori al consumo di sostanze, ma piuttosto operatori che accettano che il consumo esista nei luoghi di divertimento dei giovani. Detto ciò, obiettivo primario della riduzione del danno è quello di incontrare i consumatori e offrire loro uno spazio di ascolto e incontro, slegato da ruoli e giudizi, dove poter informare, consapevolizzare, sostenere o aiutare direttamente nel luogo di consumo e in tempi immediati e non posteriori all’evento o in luoghi più istituzionali. Spesso tali interventi sono possibili in situazioni di dialogo reciproco, altre volte si svolgono in maniera più pratica nella gestione di situazioni più critiche di abuso di sostanze come per gli interventi di primo soccorso o di gestione emotiva. Non manca occasione in cui le persone soccorse tornino a ringraziare e a rielaborare con gli operatori quanto accaduto.
Inoltre, vengono proposti interventi che variano in parte rispetto a quelli effettuati fuori dai locali di divertimento per limitazione dei rischi (etilometri, prevenzione malattie sessualmente trasmissibili, informazione su alcool e guida e sostanze), che pure vengono riproposte anche in questo tipo di eventi. Per alcune peculiarità dei rave party, prima tra tutte la lunga durata degli eventi, si integra l’intervento con ulteriori prestazioni, quale donazione di generi alimentari e bevande, contro la disidratazione conseguente alle lunghe ore passate a ballare e al consumo di sostanze , che spesso come abbiamo detto, portano ad un temporaneo distaccamento dalla corporeità e dalla realtà. Si effettua distribuzione di materiali monouso per un consumo delle sostanze più sicuro e consapevole, accompagnato da opuscoli informativi sulle sostanze, sui rischi correlati e, in alcuni casi, la presenza di operatori formati che, tramite reagenti specifici, danno la possibilità, a chi voglia, di testare il tipo di sostanza acquistato prima del consumo. Per quanto sia una pratica discussa, essa mira però ad una maggiore consapevolezza del consumatore che, una volta testata la sostanza, può anche scegliere di non consumarla perché troppo alterata rispetto a quella ricercata e che, quindi, potrebbe dare altrettanti effetti non ricercati. Inoltre, i dati anonimamente raccolti sui test effettuati sulle sostanze, sostengono l’elaborazione di statistiche su consumi, tipologie di sostanze in circolazione e rischi correlati, che possono essere condivisi con i servizi coinvolti nell’area delle dipendenze. Da quanto sperimentato sul campo, alcune osservazioni su quanto finora detto i test alcolemici sono effettuati in misura minore all’interno questo tipo di eventi, sia perché il consumo di alcool è inferiore a quello di altre sostanze, sia perché tendenzialmente le persone stanziano sul luogo per diversi giorni, senza quindi mettersi alla guida in tempi immediati al consumo;
La riduzione del danno in tali contesti pone gli operatori in una posizione privilegiata ma anche molto delicata: proprio per il ruolo che si riveste si vive in una terra di mezzo tra il dentro e il fuori, tra legalità e illegalità: forze dell’ordine e istituzioni da una parte e ravers dall’altra. L’efficacia e il riconoscimento dello strumento sul campo si scontra con l’illegalità del campo stesso. Tuttavia, è proprio parte del lavoro dell’operatore quello di prendersi cura delle persone, spesso e soprattutto in situazioni in cui la legalità è messa alla prova, in quale altro modo sarebbe possibile? Negare un aiuto perché ci si trova in un contesto illegale non risolve il “problema” e anzi aumenta il rischio di danno verso la persona. Accettare il consumo di sostanze non è patteggiare con l’illegalità, ma piuttosto riconoscere persone che consumano, con criticità e risorse che le caratterizzano, e accettarle. Il consumo consapevole è quanto di più preventivo si possa immaginare nella lotta alle dipendenze. Il consumo di sostanze tra i giovani è indubbio così come il fallimento di pratiche proibizioniste e sanzionatorie. Non vietare, ma responsabilizzare è la via che gli operatori che operano sul campo hanno scelto.
[1] Sinonimo di mixare
[2] zone temporaneamente autonome, descritte da Akim Bay come tattica socio-politica del creare temporaneamente degli spazi autogestiti al fine di eludere le struttura e le istituzioni formali imposte dal controllo sociale
[3] “spazi contrapposti ai luoghi antropologici, tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici.” Cit. Marc Augè
[4] “Interventi e pratiche volte alla riduzione dei danni sociali, sanitari ed economici legati al consumo di sostanze” cit. a oggi inserito nei livelli LEA, livelli essenziali di assistenza
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