Tanti #adolescenti dei quartieri più fragili erano in centro lunedì sera a spaccare le vetrine e razziare i negozi del lusso. Mettere addosso a questi giovani un’etichetta è riduttivo. 

Stranieri di prima, seconda o terza generazione – scrive oggi la Repubblica Torino – che si mescolano assieme a italiani, alcuni con situazioni di degrado familiare alle spalle. Perlopiù maschi ma ci sono anche ragazze. Non sono politicizzati, anzi si disinteressano alla politica. A scuola qualcuno va, ma basta un niente per allontanarli dai banchi. 

Chi lavora sulla loro integrazione ammette che non è un lavoro facile. Racconta un educatore: «Il centro lo vivono, lo desiderano, cercano le firme perché li aiutano a camuffarsi in una società in cui non riescono a entrare». Il Covid c’entra, ma non spiega tutto il fenomeno. 
C’entra perché «ha accentuato le disuguaglianze e la polarizzazione della città tra chi sta bene e chi sta male. Ma soprattutto ci sono situazioni di cui nessuno parla: chiudersi in tanti in una casa piccola e fare didattica a distanza in tre o quattro con un cellulare in un’unica stanza crea un disagio che va anche oltre quello economico. A volte ci si dimentica di questa parte di città», denuncia Alice Graziano, di Arci Torino.