#andratuttobene?
Sono uscito dal carcere di Saluzzo ai primi di marzo del 2019, in semi libertà dopo 37 anni di prigionia. Ci sono voluti alcuni mesi prima di sentirmi parte della folla … una persona fra le tante quando Simona, la ragazza del bar dove ogni mattina faccio colazione, mi ha detto candida come se si confidasse al nonno “sai, sono incinta”. Allora ho capito che mi comportavo da nonno …  
Tornando dal lavoro di volontario, che svolgo a Poirino, alla sera mi fermo in un bar sulla strada di casa, dove ne approfitto per commentare i fatti del giorno del paese e della società con gli habitué e i baristi.
Alle volte invece preferisco farmi una camminata per una ventina di fermate osservando le vetrine e i passanti. Cerco di capire dalla gestualità del corpo chi sono e cosa fanno … è il mio sport preferito.
Tutto stava scorrendo nella normalità fino a quando, rientrando una sera, gli agenti del carcere mi dicono che dal giorno dopo non sarei più potuto uscire. Il mio primo pensiero è stato per i miei clienti, molti dei quali amici: peccato, proprio adesso che mi stavo abituando, ho pensato. E aggiungo, allora questo #Coronavirus dev’essere una cosa seria.
Entrato in cella sento dai titoli del telegiornale che il governo ha decretato la chiusura di tutti gli esercizi pubblici, le scuole e fabbriche.
Il primo nuovo giorno di isolamento, il carcere mi sta stretto, ma poi la mia lunga detenzione mi fa superare la brusca regressione.
Mentre i miei “colleghi” hanno il volto di chi è stato defraudato di qualcosa, al contrario, io ne approfitto per leggere i libri accumulati. Dopo una quindicina di giorni è stato varato un decreto legge che concede ai semiliberi un permesso straordinario valido un mese, rinnovabile di mese in mese (fino al 30 giugno), ma solo per chi ha un alloggio. Non avendo casa, sono rimasto dentro, cosi come alcuni, che avevano un magistrato non favorevole al decreto.
Nel frattempo in sezione avevano portato un gruppo di detenuti dell’art. 21 O.P. persone che solitamente dovrebbero uscire al lavoro esterno. Il giorno dopo si scopre un dei nuovi arrivati positivo al #Covid19.
Il piano viene isolato immediatamente. Si crea un po’ di “maretta”, per cui  il direttore del carcere ci permette di usare i nostri cellulari per rassicurare le famiglie. Vengono scoperti altri positivi, altri infetti al virus.  Da allora si vive nel timore che il virus scenda nel nostro piano …  non è un vivere.
Io poi che ho quasi 80 anni mi dico che non mi resta molto da correre, anche se in televisione dicono #andratuttobene.
Qualche giorno fa, alla richiesta del mio tutore in base all’età e al pericolo di contagio, dopo che sono risultati positivi altri ventisei persone, mi hanno concesso di usufruire del  provvedimento del governo.
Marcello Ghiringhelli